Photo: courtesy of caritas.org
Sua Eminenza il Cardinale Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, partirà per la Sierra Leone il 16 dicembre per poi proseguire in Liberia il 18 dicembre. "Questi sono due dei tre paesi più colpiti dall’Ebola. In totale l'Organizzazione Mondiale della Sanità conferma all’incirca 18.000 casi probabili o sospetti, e più di 6.500 decessi dovuti a questa malattia". Il Cardinale spera di portare "un messaggio di solidarietà e di speranza per la Chiesa, per gli operatori sanitari e per la popolazione in generale".
Il cardinale Turkson sarà accompagnato da Monsignor Robert J. Vitillo, consulente speciale per la salute di Caritas Internationalis. "La Chiesa, comprese la Caritas, le congregazioni religiose e le altre organizzazioni d’ispirazione cattolica, è stata in "prima linea" nell’offrire una risposta all’Ebola", ha affermato Vitillo. "Oltre a fornire assistenza sanitaria per altre malattie e stabilire severe procedure di controllo delle infezioni ed aree di screening, la Chiesa, per prevenire la trasmissione del virus in ambito sanitario, ha mobilitato la risposta e la formazione della comunità al fine di coinvolgere il clero ed i gruppi parrocchiali locali in un rinnovato sforzo per arrestare la diffusione di questo virus mortale".
Il Cardinale ha osservato che l'impatto di questa epidemia va ben oltre il settore sanitario. "La chiusura di imprese ed altre sedi di servizio ha sollevato il caos in un'economia già fragile. Gli esperti ci informano che i costi sociali sono molto gravi poiché le scuole sono chiuse, le gravidanze delle adolescenti sono in aumento, così come i piccoli crimini dato che i giovani, non impegnati in alcuna attività produttiva, vagano per le strade. Gli orfani di Ebola sono spesso rifiutati dai membri della loro famiglia allargata, anche se riconosciuti liberi dal virus".
Il cardinale Turkson ha anche rilevato "la necessità di aiutare i sacerdoti e gli altri operatori pastorali a soddisfare i bisogni spirituali di coloro che vivono con l'infezione e dei loro cari. Dobbiamo curare la persona nella sua interezza, non solo il corpo. Benché in questi paesi ci sia una politica di 'no touch', è concesso agli operatori pastorali di pregare con loro mantenendo una distanza di sicurezza, di dare loro consigli, di benedirli e di celebrare i loro riti funebri, che devono peraltro essere coordinati da squadre di sepoltura specializzate".
"In diverse occasioni," Turkson ha concluso, "il Santo Padre ha espresso la sua profonda preoccupazione per le persone colpite da Ebola e per i loro cari. Spero di esprimere la solidarietà del Papa e di tutta la Chiesa."
Durante l’udienza generale del 24 ottobre 2014, Papa Francesco ha detto: “Di fronte all’aggravarsi dell’epidemia di Ebola, desidero esprimere la mia viva preoccupazione per questa implacabile malattia che si sta diffondendo specialmente nel Continente africano, soprattutto tra le popolazioni più disagiate. Sono vicino con l’affetto e la preghiera alle persone colpite, come pure ai medici, agli infermieri, ai volontari, agli istituti religiosi e alle associazioni, che si prodigano eroicamente per soccorrere questi nostri fratelli e sorelle ammalati. Rinnovo il mio appello, affinché la Comunità Internazionale metta in atto ogni necessario sforzo per debellare questo virus, alleviando concretamente i disagi e le sofferenze di quanti sono così duramente provati.”
Contatto stampa: Mons. Robert J. Vitillo: +41 79 811 7983 e bobvitillo@cs.com